Di Diego Antonio Ferrero
Poco meno di un mese fa, il 24 Maggio, si sono ricordati i 105 anni dell'inizio della primo conflitto mondiale italiano. Un ricordo quasi esclusivo di coloro che sono additati come sovranisti, populisti, guerrafondai... Sì, perché il 24 maggio viene sempre vissuto nell’immaginario collettivo come l’inizio della “grande tragedia”, un qualcosa che costò parecchio in termini di sacrifici e vite umane. Il fatto è che questi sacrifici, che hanno colpito almeno tre generazioni di Italiani, andrebbero onorati, rispettati, ricordando sì il dolore patito, ma anche i successi conquistati: una parentesi storica di grandi paure e di immenso coraggio.
Invece, il prevalente orientamento è quello di puntare l’obiettivo solo sulla figura sacrificale del soldato in trincea, mandato a morire per altri, in mano a gerarchi in panciolle che si spartivano l’Europa: una infinita, interminabile inutile strage che doveva essere evitata, senza però mai chiarire come poterlo fare.